ABBEL ABBEL
16 Domenica del Tempo Ordinario B
Vangelo (Mc 6,30-34)
I discepoli, stremati, tornano da Gesù dopo una faticosa giornata. E gli raccontano tutti i fatti che hanno fatto, come un bimbo che snocciola il resoconto delle sue gesta alla sua mamma per suscitare in lei il desiderio di una gratificazione.
Si aspettavano da Lui una pacca sulla spalla, un “coraggio andate avanti così”, “Siete stati proprio bravi!”, invece Gesù li “stoppa”, anzi intima loro uno stop.
«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’».
Praticamente dice loro: “state tranquilli!”, “Rilassatevi”, “ABBELL ABBELL”.
Il cristiano non è un attivista di una complessa organizzazione sociale; non è il commerciale di un azienda religiosa che finalizzata alla realizzazione di nuovi prodotti; non è il tutto fare del regno. Spesso serpeggia in noi il pensiero del “più fai, più vali” anzi meglio del “più fai, più ti senti vivo”. E così che ci perdiamo dentro enciclopedie di attività programmate, veniamo fagocitati dalla voragine di una sorta di pragmatismo violento; incastrati negli ingranaggi delle meccaniche della vita quotidiana. Se usassimo uno smartphone, il simbolo che più ci caratterizzerebbe potrebbe essere la spunta a V. Viviamo per completare agende, per spuntare appuntamenti e progetti da realizzare.
Il cristiano non può cedere alla tentazione di lasciarsi trasportare dal tempo e dalle cose da fare. Quanta gente pensa che il lavoro e il guadagno siano le uniche realtà a dare senso alla propria vita. E poi “non-stanno” con le proprie mogli, con i propri mariti, con i propri figli, con i propri nonni. Regalano al lavoro la loro vita e rubano agli affetti la loro esistenza. Si ritrovano in una tomba senza sapere come ci sono arrivati.
Il cristiano deve avere il coraggio risoluto di fermarsi, di rip_OSARE, perché il riposo non è solo una esigenza fisiologica, ma il dovere di prendere sul serio i ritmi della nostra esistenza e della nostra identità, salvandola dalla presunzione di salvare il mondo. Senza di noi, il mondo va avanti comunque e quel mondo Dio lo salva.
Allora, come ci insegna l’Evangelo di oggi, dobbiamo osare il riposo.
Anche Dio il settimo giorno ha staccato dal lavoro della creazione. Noi non siamo più di Lui. Il fare del cristiano presuppone lo stare con Lui, solo con Lui, in disparte.
Sì perché anche la preghiera rischia di essere annoverata tra le tante cose da fare e da spuntare nella lista della spesa. Di fatti spesso usiamo l’espressione “vado a FARE una preghiera”, magari con un seghetto, oppure con martello e scalpello.
Chiediamoci: quanto tempo reale, in disparte, con Lui solo, riusciamo a dedicare al Signore? Quanto tempo, ogni giorno, riusciamo a riservare alla preghiera? Tempo reale però. Perché noi rischiamo di andare a Messa senza stare con Gesù. Rischiamo di rimanere seduti nei banchi, mentre i riti liturgici ricadono sulle nostre teste piene di altro.
Fermiamoci. Restiamo con Lui. Doniamogli il tempo reale. In un luogo in disparte, in una zona eremitica della nostra vita e preghiamo. Fermiamoci davanti al Tabernacolo per stare con Lui. Ma con Lui e basta.
Perché l’amore funziona che tu vuoi stare solo con lui.
Coraggio prima che sia troppo tardi.
Osiamo il riposo, o…siamo fuori dal tempo.
Ogni forma di iperattivismo stacanovista ci da l’impressione di essere vivi, ma ci toglie la consapevolezza che anche tra un respiro e l’altro c’è un riposo, anche tra una sistole e una diastole c’è una pausa, anche tra una nota e l’altra c’è un silenzio.
Il movimento produce altro movimento. L’amore resta e dona la pace.
“Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Agostino, Le Confessioni, I,1,1)
Il riposo è di chi si sente tranquillo e al sicuro nelle mani di Dio e attende con ansia, di entrare nel riposo con Lui, che ha tanto atteso, come quando, dopo un’intensa giornata di lavoro, non si desidera altro che addormentarsi nel cuore delle persone che si amano. La nostra pace è Cristo, in Lui riposa la nostra vita. In Lui ogni nostro affanno si acquieta. In Lui la paura si trasforma in silenzio e l’angoscia lascia spazio al sonno.
Perché se nella vita mi sento incompreso, solo da Dio mi sento… LETTO. E dormo.
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