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IL CIECO BARTIMEO

26 Novembre 2015

IL RACCONTO DEL CIECO BARTIMEOBARTIMEO

Marco 10, 46 – 52

“E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».

49Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». 50Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». 52E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

 

Nei versetti del Vangelo di Marco non ci sono puntualizzazioni temporali che scandiscano la storia esternamente targata di ogni essere umano, c’è il tempo autoreferenziale, intimo, segnato dalle simboliche lancette di idee, affetti, sensazioni, desideri, come espressione di vissuti ancora caldi.

E’ in questo tempo interiore che sono evidenziati significativi riferimenti di orientazione geografica: Gerico; sedeva lungo la strada.

Protagonisti dei luoghi sono i discepoli, molta folla, un cieco ben identificato e Gesù. “E giunsero a Gerico”.

Il primo verbo è di movimento, è un cammino programmato verso la città rappresentativa di molte attese ed esigenze: è l’ultima oasi prima della salita a Gerusalemme; è l’ultimo baluardo dove ci si può rifocillare; è il momento di riposo per le persone, soprattutto per i malati, gli anziani, gli affaticati: è sosta per la sostituzione di cavalli, ormai stanchi.

E’ indubbiamente un punto di confluenza umana, quasi un non luogo dove si sta fisicamente insieme e forse anche vicini, ma non ci si incontra, non si dialoga, non si comunica, perché non ci si conosce. Il folto assembramento umano prelude alla festa della Pasqua ebraica. In questo variegato scenario di persone, animali e cose, è seduto lungo la strada un uomo, Bartimeo, il cieco; il mondo gli passa attorno ed egli lo coglie dall’angolo di visuale del medicante tutto arrotolato nella sua identità: riconosce la propria miseria; è consapevole del suo grave limite, ma ha la certezza che il suo limite non definisce la sua identità totale, vuole superare la sua fisicità ormai compromessa; è deciso ad azzardarsi in un’ulteriorità di senso della sua vita: desidera ardentemente vedere. La sua posizione: “Sedeva lungo la strada a mendicare” non è di aiuto per avvicinarsi a Gesù; è la staticità di un dipendente esistenziale, può muoversi soltanto condizionato dalla disponibilità umana, aspetta chi si offre ad entrare in empatia con la sua debolezza fisica. E’ fermo, quasi in antitesi alla folla che passa e scorre come un fiume verso appuntamenti umani che probabilmente danno certezze razionali, gratificazioni emotive, immediatezza di esaudimento di desideri; e mentre tutti vanno, Bartimeo rimane lì, ma non rassegnato, né depresso, né consegnato alla disperazione; ormai è abituato a vivere di elemosina di denaro e di affetto. Appena gli arriva la notizia della presenza di Gesù, usa l’unica modalità di comunicazione che ha ancora intatta: la voce.

E comincia a gridare. A dispetto di molti che lo sgridano, perché taccia una volta per tutte, egli continua a gridare ancora più forte: non si vergogna, supera il rispetto umano, gestisce il suo imbarazzo, perché sa che l’incontro con Gesù è l’estrema possibilità da prendere al volo. La presenza degli altri è di inciampo a realizzare il suo desiderio di “vedere”, non è di incoraggiamento, nessuno lo aiuta, nessuno lo asseconda, ma tra il principio di speranza che adesso lo anima ancora di più e la vergogna di mostrarsi in tutta la sua fragilità, vince l’assoluta speranza in Gesù. Infatti, pur tra tanto umano vocio Gesù si porge all’ascolto, si ferma e fa sua la condizione di chi cerca un altro sguardo sulla sua vita.

Spesso anche noi, pur essendo discepoli sulla carta con il battesimo e la continua frequenza dei sacramenti, siamo di ostacolo alla crescita nella fede di chi ci sta intorno. Siamo sordi al loro grido di aiuto, a volte alto, a volte silenzioso. Ma Gesù segue un’altra via per arrivare al cuore di chi sembra lontano e aspetta; in quella via c’è ogni credente, c’è ognuno di noi.

Gesù non attua una chiamata diretta, ma si rivolge proprio a chi è tardo per capire la logica della Parola di Dio, lo responsabilizza, lo coinvolge fino a farlo diventare portatore d’invito: “Chiamatelo”.

Anche l’identità dei discepoli cambia: da intimatori di silenzio, a ponti di mediazione, a messaggeri di prescrittivi imperativi: “Alzati, ti chiama”. Bartimeo scatta in piedi, si libera del suo mantello, la sua unica sicurezza, ultimo orpello, segno del suo passato e ingombro per accogliere la pienezza del suo futuro, recupera il baricentro della sua fisicità, si ricentra e corre da Gesù. Ora a chiedere non è il cieco, che pure ha rovente bisogno, è Gesù stesso che capovolge il dialogo e gioca d’anticipo: “Che cosa vuoi che faccia”. La disponibilità di Gesù è al massimo e aperta in tutte le direzioni. Bartimeo coglie la solerzia della domanda e la concretizza in una precisa risposta: “Che io riabbia la vista”.

In quel “Va’, la tua fede ti ha salvato” sta tutta l’autorevole sicurezza di chi ha già esaudito la richiesta. Bartimeo lascia la sua posizione statica e si avvia ad assumere una vita dinamica verso l’incognita del discepolato. Nonostante il remare a vista futuro, non ha più bisogno del mantello in cui è raccolto tutto il suo passato di mendicante di elemosina per caso, di attenzioni per pietà, di affetti di passaggio. Ora si sente forte perché ha ritrovato tutto in Gesù.

Anche noi che vediamo fisicamente abbiamo bisogno di difenderci dalla stessa capacità di vedere, per uscire dal buio della caverna in cui, come spesso ci insegnano i miti della storia, siamo inconsciamente ingabbiati in tante false apparenze che frastornano e deviano.

Tocca a noi essere di aiuto agli altri per cominciare da noi stessi a vedere la luce del sole che è Gesù Cristo.

 

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