Il Giallo dei due pesci
XVIII Domenica del Tempo Ordinario B
Nell’Evangelo di Domenica, per intenderci quello della moltiplicazione dei pani e dei pesci, c’è qualcosa che non quadra.
“Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato” (Gv 6,13)
Ma quel ragazzo non aveva forse fornito cinque pani d’orzo e due pesci? E i due pesci non erano stati moltiplicati insieme ai pani? E dove sono finiti?
Il pesce è uno dei più antichi simboli cristiani giunti fino a noi. Veniva presumibilmente adoperato come segno di riconoscimento: quando un cristiano incontrava uno sconosciuto di cui aveva bisogno di conoscere la lealtà, tracciava nella sabbia uno degli archi che compongono l’ichthýs. Se l’altro completava il segno, i due individui si riconoscevano come seguaci di Cristo e sapevano di potersi fidare l’uno dell’altro.
Come scrive Agostino d’Ippona ne La città di Dio, il termine greco Ἰχθύς è a sua volta l’acronimo delle parole
«‘Ιησοῦς Χριστός Θεoῦ Υιός Σωτήρ (Iesùs CHristòs THeù HYiòs Sotèr) »
«Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore»
Gesù oggi si rivela pienamente come pane, “io sono il pane della vita”. Ecco perché scompaiono i pesciolini, perché Lui è l’unico pane e in Lui noi abbiamo l’unica salvezza. Non possiamo ricercarla in altro, nel pane dei beni materiali che dura poco e non ci sfama; nel pesce del successo che quasi immediatamente imputridisce. Tutto quello che abbiamo, non ci sazierà mai del tutto e ci lascerà sempre un margin
e di inappagamento che non ci permetterà mai una felicità piena e duratura.
Gesù ci sfama. Non quello che ci dà, non quello che potenzialmente potrebbe fare per noi. Ma Gesù in persona ci sazia.
Se un marito dicesse alla propria moglie: “Ti amo perché hai i soldi”, ma forsanche “Ti amo perché mi fai stare bene”, quel rapporto sarebbe puramente utilitaristico, fondato sula legge di mercato del baratto: do ut des.
L’amore non può essere incatenato nelle logiche terrene del possedere.
L’amore risponde alla legge universale del “Ti amo e basta”, anzi meglio “Ti amo e mi basti”, “Ti amo e il tuo essere proprio tu mi sazia”
Agostino osserva: «Quanti sono coloro che cercano Gesù solo per averne dei favori temporali! … Uno vuole questo, uno vuole quell’altro: la Chiesa è piena di gente simile. Di rado si trova qualcuno che cerca Gesù per Gesù» (XXV,10).
Cerchiamo Gesù per Gesù, amiamolo per quello che è, anche se non ci dà, anche se non esaudisce i nostri desideri.
I pesciolini scompaiono dal racconto. Resta il pane, la nostra unica energia vitale. Non abbiamo bisogno di altro per vivere. Lui è l’essenziale.
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