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Mercoledì delle Ceneri 2020

26 Febbraio 2020

Mercoledì delle Ceneri
25 febbraio 2020

AMOchina

Siamo immersi tutti in queste ore in un clima di estrema allerta a causa della pandemica apprensione nei confronti del corona virus. Una paura globalizzata ancor di più dalle piattaforme social che ogni giorno ci informano su casi di infezioni e terrificanti decessi.
Da ciò l’impulso inarrestabile a correre ai ripari:
– farmacie assaltate nel vano tentativo di rubare l’ultimo esemplare di flacone di amuchina;
– mascherine di ogni genere prontamente applicate al volto, che il clima carnascialesco di questi giorni ha potuto ben mimetizzare;
– negozi di cinesi abbandonati nel vuoto presentimento che il “made in China” si possa definitivamente trasformare in “MALE in China”;
– per non parlare dei picchi in borsa della Peroni, e del collasso dei titoli della birra Corona;
– Suggestivi approcci a parenti e amici provenienti dal nord che tra un “Sei qui da poco? Come mai sei sceso?” ed un “Bhe quando riparti? Scusami vado di fretta”, vorrebbero tradursi in uno svogliato “Fammene scappare che non ho il tempo, né la voglia di respirare”;
– scuole chiuse, chiese chiuse, relazioni umane chiuse.

Insomma tutto chiuso nella morsa asfittica della paura, dell’angoscia e a tratti della disperazione. Il virus terrorizza.
All’inizio di questo itinerario quaresimale mi chiedo: ma noi cristiani alle terribili conseguenze di un altro virus, quello del peccato, ci abbiamo mai pensato? Abbiamo mai solo immaginato quanta carica letale possa contenere il peccato? Ci siamo mai preoccupati di metterci al sicuro dagli esiti nefasti del suo contagio?
Forse no. O probabilmente poco. Tutto ciò che non ci tocca fisicamente, in realtà non ci interessa e, al contrario, tutto ciò che ci tocca fisicamente ci inquieta.
E se questa Quaresima assumesse i tratti di una vera e propria quarantena? Una Quaresima Quarantena.
La quarantena o anche contumacia era un isolamento forzato, solitamente utilizzato per limitare la diffusione di uno stato pericoloso di una malattia. Il termine deriva dai quaranta giorni, la durata tipica dell’isolamento cui venivano sottoposte le navi provenienti da zone colpite dalla peste nel XIV secolo.
La Quaresima, invece, ci ricorda alcuni delle esperienze fondamentali della storia della salvezza:
• i quaranta giorni di Noè nel diluvio universale;
• i quaranta giorni passati da Mosè sul monte Sinai;
• i quaranta anni trascorsi da Israele nel deserto;
• i quaranta giorni che impiegarono gli esploratori che Mosè inviò per esplorare la terra promessa di Canaan;
• i quaranta giorni di cammino del profeta Elia per giungere al monte Oreb;
• i quaranta giorni di tempo che, nella predicazione di Giona, Dio dà a Ninive prima di distruggerla.
Ma anche
• i quaranta giorni che Gesù trascorse digiunando nel deserto;
• i quaranta giorni in cui Gesù ammaestrò i suoi discepoli tra la resurrezione e l’Ascensione.

Non sarebbe male anche per noi che, presa consapevolezza della necessità di guarire dalla malattia del peccato, vivessimo la nostra Quaresima come una vera quarantena spirituale.
Abbiamo tutti la necessità, sottovalutata, di rimanere un po’ da soli, in uno spazio di deserto antropologico, per ripensare al cammino della nostra vita, per fare il cosiddetto punto della situazione esistenziale, per ritrovare noi stessi. Attenzione però: la solitudine biblica non è mai da intendersi come isolamento, ovvero occasione per evitare contatti con gli altri; al contrario spazio da custodire sigillato per incontrare Dio e noi stessi e per rinnovare e rinvigorire le nostre relazioni. Chi non sa fermarsi, non riesce a realizzare i suoi legami che, in movimento, assumono i contorni di un’ombra che passa rapidamente e si dilegua nell’oblio del dimenticato. Quante coppie, tanto per fare un esempio, sono sposate e non lo sanno ancora! Quanti uomini e donne sono cristiani, vanno a Messa e non lo sanno!
Per avere coscienza di un problema fisico ti devi necessariamente fermare e devi chiedere al tuo corpo come si sente; ti devi fermare e chiedere al tuo medico che cosa fare; prima che sia la malattia stessa ad inchiodarti, meglio un arresto previo che possa fornire una diagnosi precoce.
L’itinerario quaresimale è un cammino fermo, ma non immobile, dove la decisione di rimanere diventa il punto di spinta massima per la ripartenza del passo successivo.
Se la Quaresima è anche un po’ una quarantena, allora cerchiamo di capire quali ne siano le misure di sicurezza, le precauzioni e le terapie.

PRECAUZIONI

1) LAVARSI BENE: è il primo fondamentale accorgimento. Per proteggersi e non trasmettere il virus del peccato bisogna lavarsi bene. Il Salmo 51(50), 4.9 dice così:
(4)Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.
(9)Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro;
lavami e sarò più bianco della neve.

Solo Dio può rendere puro il cuore con un prodotto ad elevata efficacia: la lisciva della sua misericordia, una mistura di cenere ed acqua. Lo Spirito Santo che come cenere causticizza il male e lava il cuore, ripulendolo dalle impurità dell’odio e della vendetta.
Attenzione: Non si tratta un rituale esteriore, a semplice garanzia di igiene fisica!
Ricordiamo tutti l’episodio riportato nel Vangelo di Marco 7,1-7.
«Si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?”.
Ed egli rispose loro: “Bene ha profetato Isaia di voi, IPOCRITI, come sta scritto:
Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini.»

Non c’è tempo da perdere, allora. Approfittiamo, soprattutto in questo periodo, del Sacramento della Confessione e lasciamoci detergere dal virus del peccato, dall’odio, dal rancore, dalla rabbia, dalla nostra disperazione, dall’angoscia, dalla incredulità, dal pregiudizio. Non si tratta di una semplice purificazione dell’anima, una mera lavata di faccia interiore, bensì di una vera rigenerazione del cuore e degli organi che ci relazionano a Dio, agli uomini, al mondo intero.
E cerchiamo di non essere superficiali, perché la superficialità è la banalizzazione di un processo che porta inavvertitamente alla morte. La confessione non è semplicemente una cosa seria, è un farmaco salva vita.

2) LA MASCHERINA:
Il Salmo 141(140), 3 dice:
«Poni, Signore, una custodia alla mia bocca,
sorveglia la porta delle mie labbra».
In questa Quaresima abbiamo tutti bisogno di una bella mascherina, di quelle a norma, che ci tappi bene bene la bocca e la inibisca dalle maldicenze, dalle chiacchiere e dicerie che si diffondono a velocità molto più elevate di una epidemia, dalle bugie, dalle parolacce, dal turpiloquio facile, dalle bestemmie, dalle ingiuste accuse e false testimonianze, dal giudizio.
È tempo di recuperare il valore del silenzio.
In un famosissimo discorso del 5 gennaio 1964 a Nazareth, il Santo Papa Paolo VI così scriveva:
“La casa di Nazareth […] in primo luogo ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l’interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto”.
Non aprire la bocca, più di una volta, salva una vita!

TERAPIA
La terapia ce la fornisce Gesù nel vangelo di oggi (Mt 6,1-6.16-18)

Partiamo da una premessa.
Come ci riporta san Pietro Crisologo, vescovo nei suoi “Discorsi” (Disc. 43; PL 52, 320 e 322):
«Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il digiuno, la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, lo ottiene il digiuno, lo riceve la misericordia. Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra.
Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno.
Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate.
Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia».

1) Digiuno: non è inteso come forma di dieta, che pure ci fa bene. Per il cristiano il digiuno non è prodezza ascetica, né farisaica ostentazione di «giustizia», ma è segno della disponibilità al Signore e alla sua Parola. Astenersi dai cibi è dichiarare qual è l’unica cosa necessaria, è compiere un gesto profetico nei confronti di una civiltà che in modo subdolo e martellante insinua sempre nuovi bisogni e crea nuove insoddisfazioni. Prendere le distanze dalle cose futili e vane significa ricercare l’essenziale: affidarsi umilmente al Signore, creare spazi di risonanza alla voce dello Spirito. È cambiare abitudini in una sana conversione delle priorità. Il digiuno perciò riguarda tutto l’uomo, nella sua visione globale, olistica, e non solo il suo stomaco.
2) Elemosina: Il digiuno non si fa per «risparmiare», cioè per motivi economici, ma per amore di Dio. Un amore che si fa preghiera, ma che reclama la sollecitudine per il prossimo, la solidarietà con i più poveri, un maggiore senso di giustizia (cf Is 1,17; Zc 7,5-9).
Scriveva San Leone Magno in uno dei suoi discorsi sulla Quaresima: «Il nutrimento di chi ha bisogno sia sostenuto dai nostri digiuni».
Con i nostri piccoli gesti di carità possiamo innescare nel mondo la irrefrenabile epidemia dell’amore.

3) Preghiera: il Vangelo ci insegna la preghiera del cuore e la preghiera nel cuore. Quella che non fa rumore e non ci distrare. Sì perché capita, a volte, che la preghiera gridata, possa distrarci dalla preghiera stessa. Ma tu “entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà”. Sarebbe bello chiudersi nella quarantena della propria casa, ogni giorno, e pregare, senza troppe parole, il Padre. O nella cucina, con tutta la famiglia riunita: questo sì che sarebbe un vero focolaio dello Spirito. Il tragitto casa-lavoro, nel chiuso della propria autovettura, potrebbe diventare una opportunità di preghiera. La fantasia dello Spirito può trasformare in una camera adatta all’incontro personale con Dio, ogni luogo o situazione. E poi perché non utilizzare la terapia antidoto di questo corona-virus, che ha come suo opposto antivirale, il virus-corona? Il rosario è un’arma potente contro il male e nello stesso tempo è una dolcissima preghiera alla nostra Mamma perché non ci lasci mai soli nel cammino faticoso della vita. Solo che ci sembra così scontata, noiosa e ripetitiva da non recitala mai. La Quaresima potrebbe essere il tempo idoneo per un giusto dosaggio di questa bellissima preghiera.

Ah e non dimenticate di portare l’amuchina sempre con voi! Ormai l’abbiamo sempre nella borsa. E se qualcuno ce la chiede, la prestiamo con molta parsimonia, quasi al modo di un gesto eroico di sana condivisione.
Ma il cristiano dovrebbe avere sempre con sé una buona dose di quella che potremmo chiamare AMOchina, antibatterico dell’amore che debella l’infezione dell’odio e della separazione.
Come sarebbe bello se incontrando una persona triste, gli prestassimo una goccia di AMOchina del nostro cuore per disinfettarlo dall’angoscia e dalla paura.
O se potessimo lavare, con l’AMOchina del calore delle nostre mani, le mani stanche e ferite dalle sofferenze di chi ha perso la certezza del proprio posto di lavoro. O pensate se potessimo, con l’AMOchina della nostra semplice presenza, consolare il cuore lacerato dal dolore per la perdita di una persona cara. O se magari utilizzassimo l’AMOchina della nostro prezioso tempo, per stare un poco di più con le persone che vivono sole o isolate dal mondo!
O pensate come sarebbe bello dire al proprio amico, ormai stanco della vita: “io non ti abbandono, non me ne lavo le mani. Resto accanto a te in ogni momento e ti offro una goccia dell’AMOchina del mio coraggio!
Ognuno di noi ha, nel suo piccolo, la possibilità e la responsabilità di interrompere il contagio dell’odio e della disperazione, se solo condividessimo la MEDICINA DELL’AMORE!
Il famoso poeta americano Leonard Cohen scriveva: “Per l’amore non vi è cura, però è l’unica medicina per tutti i mali”.
Il cristiano è un portatore sano di speranza.
Coraggio, basta poco. Prevenire è meglio che curare.
E l’amore guarisce sempre, perché previene sempre.

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