Preghiera
Parrocchia “Santa Maria Assunta”
Polignano a Mare, 31 0ttobre 2010
- Preghiera è povertà
Cominciamo oggi il nostro terzo anno insieme. Un oggi denso di gioie significative, di sorprese inaspettate, di traguardi raggiunti, ma anche di obiettivi sbiaditi, scelte disattese, programmi irrealizzati. Viviamo in un mondo contemporaneo frenetico che elabora richieste sempre più complesse, cui difficilmente abbiamo la forza di rispondere che ci induce ad ingaggiare una lotta quotidiana contro le nostre stesse possibilità: lo spazio è diventato insufficiente a contenere le dimensioni dei nostri bisogni, il tempo non basta più a contare il numero delle nostre attività. La nostra epoca è passata dal mito dell’onnipotenza dell’homo faber fortunae suae, costruttore della sua storia, ad un altro mito simmetrico, quello della sua totale impotenza nei confronti della complessità del mondo. Viviamo in una società che naviga in contesti virtuali in cui tutto sembrerebbe possibile e quindi nulla reale e che ci incastra in stati sempre più profondi di angoscia, perché non sappiamo più nemmeno di cosa aver paura.
Questa visione sconcertante, però, non deve indurci alla disperazione.
L’impotenza dell’uomo nei confronti del mondo, più che principio di confusione, trasformata dalla grazia, potrebbe addirittura essere uno dei presupposti più essenziali di quell’antidoto alla morte che si chiama preghiera: “la preghiera del povero attraversa le nubi, né si quieta finché non sia arrivata”(Sir 35,17); la sua povertà esistenziale è la condizione necessaria perché l’uomo si affidi totalmente alla potenza di Dio e abbandoni l’idea di poter essere sufficiente a se stesso, di poter ripiegarsi totalmente su di sè: non esiste un’“autosalvezza”, perché la mia salvezza è nella forza di un Dio “altro da me” che ha deciso di diventare “vicino a me”, “Emmanuele”, per stare con me. La preghiera ci dà la certezza che anche se le nostre forze non bastano, le nostre riserve di speranza si esauriscono, le nostre sicurezze vacillano, Dio non ci abbandona mai e resta per sempre con noi. “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, solo Dio basta”, scriveva Santa Teresa d’Avila.
Il famoso teologo Bruno Forte nel suo Messaggio per la Quaresima 2007 scrive così:
“Mi chiedi: perché pregare? Ti rispondo: per vivere. Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall’amore. Come la pianta che non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall’amore. Ora, l’amore nasce dall’incontro e vive dell’incontro con l’amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili, anzi l’amore al di là di ogni nostra definizione e di ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all’amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive, nel tempo e per l’eternità. E chi non prega? Chi non prega è a rischio di morire dentro, perché gli mancherà prima o poi l’aria per respirare, il calore per vivere, la luce per vedere, il nutrimento per crescere e la gioia per dare un senso alla vita”.
- Preghiera è ordine
Mi ricordo che nel 1998, appena approdato come educatore del Seminario Diocesano a Conversano, il Rettore Don Giovanni INTINI mi chiese di mettere un po’ d’ordine negli ambienti comuni, pur sapendo che ordine era un lemma sconosciuto al vocabolario della mia vita. E mi ripeteva sempre l’antico adagio latino serba ordinem et ordo serbabit te, conserva l’ordine e l’ordine ti conserverà. Abbandonato in una stanza, ritrovai un bozzetto a matita di un quadro bellissimo: una tempesta avvolgeva la barca degli apostoli con Gesù al centro. Mi vennero subito alla mente le parole di Gesù: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”(Mt 14,27) e capii che esisteva un sottile legame tra l’ordine e la fede che libera dall’angoscia e che possiamo chiamare preghiera. È la preghiera che ci libera dall’angoscia perché ci mette in relazione continua con il “Dio che è” per sempre vivo, il Risorto, che ha vinto la morte, la paura più terribile. È la preghiera che ci guarisce dall’angoscia perché non permette al tempo di sopraffare la nostra esistenza, non lo lascia libero di imporci i suoi ritmi frenetici, ma al contrario, ordinandolo a Dio, ci rende protagonisti della nostra storia. È il presente di Dio, “Coraggio, sono io”, che dissolve l’angoscia del futuro e se Dio è presente la morte la si può coniugare solo al passato remoto.
- Preghiera è desiderio
Pregare non è un obbligo e non può esserlo, poiché anche amare non è un’imposizione. L’amore nasce dalla passione che muove il cuore verso l’irrefrenabile desiderio dell’altro, di cui non si può proprio fare a meno.
“Il tuo desiderio è la tua preghiera: se continuo è il tuo desiderio, continua è pure la tua preghiera. L’Apostolo infatti non a caso afferma: “Pregate incessantemente” (1 Ts 5,17). S’intende forse che dobbiamo stare continuamente in ginocchio o prostrati o con le mani levate per obbedire al comando di pregare incessantemente? Se intendiamo così il pregare, ritengo che non possiamo farlo senza interruzione. Ma v’è un’altra preghiera, quella interiore, che è senza interruzione, ed è il desiderio. Qualunque cosa tu faccia, se desideri quel sabato (che è il riposo in Dio), non smetti mai di pregare. Se non vuoi interrompere di pregare, non cessare di desiderare. Il tuo desiderio è continuo, continua è la tua voce. Tacerai, se smetterai di amare. Tacquero coloro dei quali fu detto: “Per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà” (Mt 24,12). La freddezza dell’amore è il silenzio del cuore, l’ardore dell’amore è il grido del cuore. Se resta sempre vivo l’amore, tu gridi sempre; se gridi sempre, desideri sempre; se desideri, hai il pensiero volto alla pace”. (Sant’Agostino, “Commento sui Salmi”, Salmo 37,13-14)
Al contrario la nostra vita spirituale sembra essere senza sangue, apatica, trascinata dalla cogenza di una legge che ce la impone: veniamo in Chiesa privi d’entusiasmo, come dovessimo semplicemente ottemperare ad un obbligo; la Domenica, per decidere di alzarsi dal letto e partecipare alla Messa, sembra ci voglia l’intervento delle forze dell’ordine; rimaniamo in piedi con il busto semieretto e le braccia conserte come quando dobbiamo resistere al tedio di una lunga coda allo sportello; opponiamo resistenza alla narcolessia di un tempo che sembra non dover trascorrere mai; la Messa ha la capacità di trasformare la rigidità del banco, in un divano comodissimo dove finalmente accasciarsi e dormire un po’ in santa pace, nonostante il “disturbo” dei canti liturgici!; con l’orologio sempre a vista, che sembra muoversi a rilento, aspettiamo quel fatidico “andate in pace” che sortisce lo stesso effetto del suono della campanella dell’ultima ora a scuola o meglio dello sparo di inizio gara che libera i blocchi di partenza per le strade della città. Per i funerali poi la storia è diversa: basta fare un piccolo conteggio mentale: “alle 15 comincia il funerale, fino a quando arriva in chiesa sono le 15.30, un’ora di Messa, posso arrivare con comodo alle 17.00 per fare le condoglianze!”; come se una stretta di mano valesse più della celebrazione della Santa Messa e la preghiera di suffragio per il defunto.
Continuiamo a scambiare la Parrocchia per un’agenzia di servizi sacramentali il cui slogan potrebbe essere: “Battesimi, Cresime, Funerali venticinquesimi, cinquantesimi: vi seguiamo dall’inizio alla fine della vostra vita. Aperti anche la Domenica!”. E quando va bene prenotiamo i matrimoni come fosse una sala ricevimenti, anzi peggio perché le sale si prenotano prima e la Chiesa deve per forza adeguarvisi dopo.
Stiamo perdendo il senso profondo della nostra fede, la passione di voler incontrare Gesù, la spinta interiore che ci muove a cercarLo dovunque nelle nostre giornate, quel chiodo fisso che non ti molla fino a quando non ce L’hai di fronte, quel pensiero costante che pervade anche le tue notti, il tuo sonno e l’insonnia di poter rivederLo. Se tu devi incontrare un amico che non vedi da tempo, se hai un appuntamento con il tuo ragazzo o la tua ragazza, se devi tornare da tuo marito o da tua moglie perché la ami follemente, lasci tutto, ma proprio tutto e vai! Non ti importa del tempo o di quanto spazio dovrai affrontare, perché in ordine, viene prima l’amore! E l’Amore che è Dio (1Gv 4,8) come si colloca nella gerarchia dei nostri desideri? O non è nemmeno un desiderio? L’amore viene prima.
- Preghiera è fedeltà
La tradizione della Chiesa raccomanda di pregare secondo un ordine di sette volte al giorno. Innanzitutto perchè il popolo d’Israele offriva il proprio tempo a Dio in sette preghiere quotidiane, in momenti fissi, nel Tempio o almeno voltati verso di esso: «Sette volte al giorno io ti lodo» ci rammenta il salmista (Salmo 118,164). Una seconda ragione è che il Cristo stesso ha pregato così, fedele alla fede del popolo di Dio. La terza ragione è che i discepoli di Gesù hanno pregato così: gli apostoli (vedi Atti 3,1: Pietro e Giovanni) e i primi cristiani di Gerusalemme «assidui nelle preghiere» (vedi Atti 2,42; 10,3-4: Cornelio nella sua visione); poi le comunità cristiane e, più tardi, le comunità monastiche. E così anche i religiosi e le religiose, i preti e tutti i battezzati sono stati chiamati a recitare o a cantare in sette riprese (Ufficio delle letture, Lodi al mattino, Ora Terza, Ora Sesta; Ora Nona nel pomeriggio, Vespri alla sera e Compieta prima del riposo) le «ore» dell’«ufficio» (che significa «dovere», «incarico», «missione» di preghiera), facendo una pausa per cantare i salmi, meditare la Scrittura, intercedere per i bisogni degli uomini e rendere gloria a Dio.
Scrive il Cardinal Jean-Marie Lustiger; Arcivescovo di Parigi, morto qualche anno fa:
“Prima di sapere se è bene pregare due, tre, quattro, cinque, sei, sette volte al giorno, un consiglio pratico: associate i momenti di preghiera a gesti fissi, a punti di passaggio obbligati che scandiscono le vostre giornate. Per esempio: per coloro che lavorano e in genere hanno orari stabili, esiste pure un momento in cui lasciate il vostro domicilio e vi recate al lavoro… a piedi o in auto, in metropolitana o in autobus. A un orario preciso. E ciò vi prende un determinato tempo, sia all’andata sia al ritorno. Perché quindi non associare dei tempi di preghiera a quelli di spostamento?” (da Avvenire del 30/11/2008).
La preghiera esige ordine e fedeltà. Essere fedeli, significa regalare a Dio parte del tempo che Egli stesso ci ha donato, scardinando l’esistenza dagli automatismi quotidiani (alzarsi, lavarsi, lavorare, dormire…): sembra strano, ma la vita spesso ci rende parti fredde di un ingranaggio meccanico cui non si può rinunciare che sfocia in una di quelle massime più sconcertanti:”non ho nemmeno il tempo di farmi il segno della croce!”. Abbiamo bisogno di quel raggio di sole inaspettato che sorprende la monotonia delle nostre routines. La preghiera incide il tempo con la presenza eterna e sempre diversa dello Spirito in noi: non esiste una preghiera uguale all’altra!
Abbiamo, allora, due possibilità: aggiungere o condire.
Aggiungere significa ricavare spazi “non convenzionali” nell’ambito della giornata, del tipo svegliarsi 5 minuti prima e dedicarli tutti alla preghiera anziché farsi un velocissimo segno di croce nel letto prima di mettersi in piedi: forse abbiamo annullato quello spazio di silenzio che sussiste tra sonno e attività, partiamo già “accelerati”. Se ci pensiamo cosa sono 5 minuti? Nemmeno il tempo di trovare il giusto paio di calzini! Dietro la scusa del ritardo sul posto di lavoro o a scuola pensiamo di non aver tempo di pregare, in realtà abbiamo operato una scrematura, abbiamo eliminato il superfluo: ci siamo lavati, abbiamo scelto l’abbigliamento da indossare, ci siamo vestiti, abbiamo fatto colazione, abbiamo fatto tutto tranne che pregare, perché andare al lavoro ordinati è importante, ma ordinare la vita alla preghiera è superfluo!
Si possono trovare spazi inediti anche durante la giornata: c’è la pausa caffé, c’è la pausa pranzo, perché non c’è la pausa preghiera? Siamo capaci di saltare il pasto per andare in palestra, perché non fare anche qualche esercizio spirituale?
Si può aggiungere anche una sosta nel cammino: hai appena lasciato i bimbi a scuola, stai rientrando da lavoro perché non ti fermi in una chiesa? Qui a Polignano abbiamo tre parrocchie di cui quella di Sant’Antonio e quella dei Santi Cosimo e Damiano sono vicinissime agli edifici scolastici. FERMATI. A volte l’accelerazione del nostro passo è direttamente proporzionale al passaggio dal portale di una Chiesa! Che tempo perdi ad entrare e sostare un attimo in preghiera, in silenzio dinanzi al Tabernacolo? Che ti costa allungare il cammino di qualche metro per raggiungere una Parrocchia? Fa bene anche alla linea! Entra, va’ dinanzi al Santissimo Sacramento, inginocchiati e prega! Anche solo per qualche secondo. È vero, la tentazione del maligno ti aggredirà in tutti i modi:”Lascia stare, non ti fermare! Hai troppe cose da fare! Devi trovare posto per la macchina, ti devi slacciare la cintura! Non vale la pena fermarsi solo 30 secondi! Al massimo prima corri a fare la spesa, poi ripassa! O rimanda a domani! Non perdere tempo!”
Non lo ascoltare: vedrai sorridere Gesù anche se ti vedrà per un secondo solo! Non possiamo continuare a vivere obbedendo ad un’agenda o stando dietro ad una lista della spesa: lo Spirito libera la gioia del cuore perché non è una cosa da fare, interrompe il ritmo frenetico dell’esistenza perché ti porta dinanzi a Gesù che ti dice: “Coraggio sono io, non temere” e in quel momento sei anche tu. Quello della preghiera non è solo tempo che dedico a Dio o tempo che dedico a me, ma è tempo in cui finalmente io percepisco la mia presenza, il mio esserci, io sono. Non basta vivere, bisogna cominciare ad assaporare il gusto di esistere.
Condire significa colorare di preghiera i momenti di passaggio della nostra giornata. Per esempio il tempo di attesa in coda alla posta o in banca potrebbe essere utilizzato per pregare un po’ o magari recitare un bel rosario. Una sala d’attesa potrebbe diventare un dislocamento di una cappella. Il tragitto dalla stazione all’università a piedi potrebbe diventare un pellegrinaggio. Quando porto i bambini a scuola, in macchina, posso pregare con loro lungo la strada. Anche quando vado a fare footing o vado in bicicletta posso condire la corsa con la preghiera.
Tra un’aggiunta e un condimento la vita acquisterà un sapore diverso.
Così, mentre vai al lavoro, puoi già pregare: “Signore aiutami a vivere con serenità il rapporto con i miei colleghi, anche se so che mi costerà tanto” oppure “Gesù ti prego per tutte le persone che incontrerò sul mio cammino oggi, anche per quelle che mi tratteranno male: dammi tu la forza di regalare comunque un sorriso”. Non è il dentifricio, ma è la preghiera che cambia l’andamento della giornata!
L’importante è essere fedeli: quel tempo regalalo ogni giorno al Signore anche se non è tanto, anche quando non ti va, anche quando non ti senti: è il dono più grande che tu possa farGli.
“Sappi, tuttavia, che non mancheranno in tutto questo le difficoltà: a volte, non riuscirai a far tacere il chiasso che è intorno a te e in te; a volte sentirai la fatica o perfino il disgusto di metterti a pregare; a volte, la tua sensibilità scalpiterà, e qualunque atto ti sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a tempo “perso”. Sentirai, infine, le tentazioni del Maligno, che cercherà in tutti i modi di separarti dal Signore, allontanandoti dalla preghiera. Non temere: le stesse prove che tu vivi le hanno vissute i santi prima di te, e spesso molto più pesanti delle tue. Tu continua solo ad avere fede” (Bruno Forte, Messaggio per la Quaresima 2007).
- Preghiera è silenzio
La preghiera è il tempo del silenzio in cui evado dal frastuono della vita quotidiana e racconto tutto al Signore: la mia difficoltà, il mio dolore, la mia paura, la mia poca fede, la mia ribellione, la mia rabbia, tutto. E nel silenzio il Signore ti risponderà. Non ti aspettare risposte altisonanti, parole eclatanti, voci profonde. Si narra nel capitolo 19 del Primo libro dei Re che il profeta Elia non trovò il Signore nel vento, né nella forza del terremoto o nella potenza del fuoco, ma nel suono di un silenzio trattenuto (1Re 19,12). Non pretendere di afferrare Dio con le tue parole, ma lascia che Lui entri nel tuo cuore, ti sfiori l’anima e ti regali un veloce passaggio “alle tue spalle”.
Prova ad entrare in Chiesa anche negli orari non affollati e scoprirai il Dio che è tutto per te e che in quel momento ascolta solo te!
“Bisogna che tutti noi troviamo il tempo di restare in silenzio e di contemplare, soprattutto se viviamo nelle metropoli. Dio è amico del silenzio: dobbiamo ascoltare Dio perché ciò che conta non è quello che diciamo noi, ma quello che Egli dice a noi e attraverso di noi. Puoi pregare in qualsiasi momento e ovunque. Io credo che davvero la benzina della nostra vita sia la preghiera”. (Madre Teresa di Calcutta)
Una delle tentazioni più grandi è quella di chi non vuole pregare perché dice di non saper pregare. Un po’ come quelli che dicono di non voler andare al mare perché non sanno nuotare o che non sono mai andati in bici e non ci andranno mai. Una delle bestemmie più grandi è dire o pensare:”Non ce la farò mai!”. Nella vita tutto si può imparare: non è fondamentale la condizione fisica o le capacità intellettive, è solo questione di passione.
Anche i discepoli chiedono al Signore “Maestro insegnaci a pregare”(Lc 11,1) e Gesù dà loro il primo consiglio fondamentale: “Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.”(Mt 6,7-8).
La prima forma di preghiera è il silenzio. Mettiti di fronte al Tabernacolo, in ginocchio se puoi, e rimani in silenzio. Tutto qui. Anche 30 secondi, ma in silenzio. A due persone che si amano tantissimo, le parole non servono. Nei momenti di dolore profondo, le parole non servono. Solo il silenzio esprime quello che la voce non riesce a tradurre in suoni.
Il Santo curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney amava raccontare la storia di un buon contadino della sua Parrocchia il cui nome era Louis Chaffangeon.
“Un po’ di anni fa morì un uomo della parrocchia, che era entrato in chiesa la mattina per pregare prima di andare fuori nei campi, lasciò la sua zappa fuori la porta e si perse totalmente in Dio. Un vicino che lavorava non lontano da lui, e lo vedeva solitamente nei campi, si meravigliò della sua assenza. Sulla strada per tornare a casa, guardò in chiesa, pensando che l’uomo potesse essere lì. Infatti lo trovò nella chiesa. “Ma che fai tutto il tempo qui?” chiese l’uomo. E l’altro gli rispose: “Guardo il buon Dio, e Lui guarda me”.
Il segreto della preghiera è guardarsi in silenzio.
- Preghiera è liturgia
Si apre un decennio dinanzi a noi che i Vescovi italiani hanno voluto dedicare all’attenzione della emergenza educativa.
Cominciamo ad educarci alla preghiera quotidiana, educhiamo anche i piccoli che sono più predisposti di noi all’incontro con il Signore.
Nelle nostre case non dovrebbero mai mancare i libri della “Liturgia delle ore”: quanto sarebbe bello recitare in famiglia le Lodi o i Vespri o la Compieta o l’intera liturgia, perché dove c’è la preghiera anche la famiglia cresce ordinata! Da quest’anno ci impegniamo a recitare anche in Parrocchia la preghiera della Chiesa: le Lodi durante la Messa del mattino e i Vespri durante la Messa della sera.
Pregare è amare
Signore Gesù aumenta in noi la fede
e insegnaci a pregare come hai fatto tu.
Non lasciare che la noia e l’abbandono
ci rendano pigri dinanzi a Te.
Accendi in noi il fuoco e
la passione del tuo amore
perché ti possiamo desiderare
come i polmoni desiderano l’aria
e possiamo respirare di Te.
E liberaci dall’angoscia della vita quotidiana
con la certezza che tu ci sei sempre
e non ci abbandoni mai.
È vero, siamo disordinatissimi,
ma sappiamo di avere alle nostre spalle
una Mamma premurosa, la Madonna
che cammina “dietro per dietro” a noi
raccogliendo i pezzi dispersi della tua presenza
e riordinandoli nelle cassettiere del nostro cuore.
Forse un giorno ti ritroveremo,
dove mai avremmo immaginato di incontrarti:
nell’armadio della nostra vita quotidiana. Amen.
Polignano a Mare, 31 ottobre 2010
don Gaetano
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