donAmore.it

Strada facendo…

22 Febbraio 2015

Parrocchia Santa Maria Assunta

Polignano a Mare, 31 ottobre 2014

 

 

Strada facendo…

  1. Premessa

Iniziamo questo settimo anno insieme. Sarà l’anno delle crisi matrimoniale? Beh spero proprio di no! Però, come dice bene il Salmo, dobbiamo “imparare a contare i nostri giorni” e sulle carte questo significa che la mia nomina come Parroco pro tempore della nostra Comunità scade ad Ottobre del 2017: quindi abbiamo altri tre anni di cammino insieme. Lungi da me voler fare una sorta di countdown della mia presenza qui a Polignano, bensì una sana presa di consapevolezza del tempo effettivo che, sempre se Dio vuole, avremo a disposizione. Tre anni.

  1. La “rimandite”

Tre anni sono tanti e sono pochi. Il primo nemico da combattere è il pensiero latente che non debbano trascorrere mai. Non possiamo proprio correre il rischio di perdere tempo. Il primo nemico da combattere, in ogni cosa che facciamo, è la “RIMANDITE”.

L’unica risorsa veramente scarsa è il tempo.  Malgrado ciò tendiamo a sottovalutarla e siamo sempre pronti a rimandare un’azione, seppure importante.

Vi sono momenti per riflettere accuratamente, ma vi sono anche momenti per agire e velocemente. Sappiamo che dobbiamo agire, ma non lo facciamo. Ad esempio sappiamo che fumare fa male, che una cattiva alimentazione influisce negativamente sul nostro organismo. Siamo consci dei problemi, ne vediamo gli effetti sui nostri amici, su noi stessi: però continuiamo ad agire sempre allo stesso modo. In un attimo di lucidità mentale focalizziamo il problema e decidiamo di fare qualcosa: ecco che, invece di agire immediatamente, tendiamo a rimandare la dieta al primo giorno utile del calendario. Hai mai sentito dire da amici che inizieranno la dieta a partire dal prossimo lunedì? Quanti invece indicano come il primo giorno del mese il giorno utile per smettere di fumare?

Ma cosa hanno di diverso il primo giorno del mese o il lunedì dagli altri giorni?

A livello di logica razionale, questi giorni non hanno nulla di diverso, ma noi uomini siamo animali tendenti al razionale e quindi vediamo in questi giorni qualcosa di diverso. Innanzi tutto sono sempre posizionati nel futuro e mai nel presente. Anche quando decidiamo di iniziare una nuova dieta siamo alla ricerca di scuse per rimandare l’azione e diciamo “da lunedì starò a dieta”. In questo modo mettiamo a freno la nostra coscienza ,ma sappiamo che questa benedetta dieta difficilmente la inizieremo il lunedì prefissato.

Sai perché succede questo? Perché siamo affetti da rimandite. Siamo cresciuti con i nostri genitori che decidevano per noi quale scuola frequentare, quali abiti indossare, quali amici frequentare. Anche la scuola ci impone alcune scelte: quali materie studiare e come studiare, in che tempi, cosa imparare a memoria e cosa capire. Di esempi ne potremmo fare ancora tanti. Sta di fatto che, anche quando prendiamo una decisione netta ,tendenzialmente siamo propensi a rimandarne l’azione che ne deriva.

Tutto ciò ci porta a perder tempo e stiamo immobili alla finestra a guardare che la nostra risorsa più importante ci passi davanti. Come si combatte la rimandite?

Occorre creare un senso di urgenza che ti porti dritto all’azione senza perdere ulteriore tempo. La legge di Parkinson recita: «La durata di un lavoro tenderà sempre ad allungarsi fino a occupare tutto il tempo a disposizione».

Se abbiamo tanto da perdere, ogni giorno sarà buono per avvicinarci alla meta. Non ci perderemo più in disquisizioni inutili su cosa fare prima. La libertà che abbiamo di scegliere, la trasformeremo nella libertà di agire.

  1. Il cammino

Quindi non perdiamoci d’animo e non perdiamo tempo! È essenziale continuare il cammino senza fermarci mai.

La storia della salvezza dall’inizio alla fine è la storia di un cammino. Ci dice Giovanni nel prologo del suo Evangelo che in principio il Verbo era immobile presso Dio, era presenza statica nella sua onnipotenza, ma ad un certo punto si fece carne e “venne” ad abitare in mezzo a noi, cioè iniziò il suo cammino verso di noi, rinunciando alla stabilità. In fondo che cos’è un passo se non un’instabilità che diventa, volta per volta, equilibrio conquistato sulla strada? Il piede si alza, il corpo si sbilancia rinunciando al suo baricentro, e poi si abbassa per recuperare forza, centro e strada. È così: camminare e rinunciare camminano insieme. Se vuoi camminare devi sempre rinunciare a qualcosa, foss’anche alla strada che ti lasci alle spalle. L’inno cristologico della Lettera ai Filippesi al capitolo 2,6-7 lo dice esplicitamente: “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini”. Dio, per venire verso di noi, si è lasciato dietro se stesso.

Già nell’Antico Testamento, in quella famosa e bellissima professione di fede del Libro del Deuteronomio (26, 4-10) si racconta espressamente che il popolo di Israele era errante, non sedentario e Dio, per stargli vicino, diventò anch’Egli errante.

 “Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio.”

Dio non è una statua litica, immobilizzata nella sua ieraticità! Il nostro è un Dio dinamico, è un Dio con le scarpe da ginnastica, che cammina, sempre al nostro fianco, tanto da chiamarsi l’Emmanuel, il Dio che sta con noi, che si muove con noi, che corre con noi, in questa lunga maratona della storia.

 

  1. Il cammino dell’uomo

Un libro che ho sempre tenuto da tanti anni sul mio comodino e che considero davvero un capolavoro è “Il cammino dell’uomo” del famoso teologo ebreo degli inizi del Novecento, Martin Buber. In pochissime pagine ci racconta l’uomo nel suo rapporto con se stesso, con gli altri uomini, con il mondo e con Dio.

Il suo cammino scaturisce dalla consapevolezza di sé: il percorso inizia sempre dal proprio io, da se stessi.

“Per quanto ampio sia il successo e il godimento di un uomo, per quanto vasto sia il suo potere e colossale la sua opera, la sua vita resta priva di un cammino finché egli non affronta la voce. Adamo affronta la voce, riconosce di essere in trappola e confessa: “Mi sono nascosto”. Qui inizia il cammino dell’uomo. Il ritorno decisivo a se stessi è nella vita dell’uomo, l’inizio del cammino, il sempre nuovo inizio del cammino umano. Ma è decisivo, appunto, solo se conduce al cammino: esiste infatti anche un ritorno a se stessi sterile, che porta solo al tormento, alla disperazione e ad ulteriori trappole. Quando il Rabbi di Gher arrivò, nell’interpretazione della Scrittura, alle parole rivolte da Giacobbe al suo servo – “Quando ti incontrerà Esaù, mio fratello, e ti domanderà: ‘Tu, di chi sei? Dove vai? Di chi è il gregge che ti precede?” – disse ai suoi discepoli: “Osservate come le domande di Esaù assomiglino a questa massima dei nostri saggi: ‘Considera tre cose: sappi da dove vieni, dove vai e davanti a chi dovrai un giorno rendere conto. Prestate molta attenzione, perché chi considera queste tre cose deve sottoporre se stesso a un serio esame. Esiste una domanda demoniaca, una falsa domanda che scimmiotta la domanda di Dio, la domanda della verità. La si riconosce dal fatto che non si ferma al “Dove sei?” ma prosegue: “Nessun cammino può farti uscire dal vicolo cieco in cui ti sei smarrito”. Esiste un ritorno perverso a se stessi che, invece di provocare l’uomo al ravvedimento e metterlo sul cammino, gli prospetta insperabile il ritorno e così lo inchioda in una realtà in cui ravvedersi appare assolutamente impossibile e in cui l’uomo riesce a continuare a vivere solo in virtù dell’orgoglio demoniaco, dell’orgoglio della perversione”. (M. Buber, “Il cammino dell’uomo”, Quiqajon 1990, 23-24).

L’orgoglio inchioda l’uomo in se stesso, mentre la relazione con Dio e con gli altri lo attrae ad uscire fuori di sè e ad andare. Quello che l’uomo non deve fare è pensare di tornare indietro o procedere per le vie dell’incertezza a zig zag. È compito dell’uomo conoscere bene verso quale cammino il suo cuore lo attrae e poi sceglierlo con tutte le forze, senza mollarlo: mai voltarsi indietro, mai cambiare strada, mai cercare scorciatoie o percorsi secondari. Se è quello, l’itinerario deve rimanere quello, qualunque scelta fondamentale si faccia nella vita.

“In uno dei giorni di Chanukkà (Festa delle luci) Rabbi Naum entrò all’improvviso nella jeshivà (scuola talmudica) e trovò gli studenti che giocavano a dama, com’è d’uso in quei giorni. Quando videro entrare lo Zaddik, si confusero e smisero di giocare; ma questi scosse benevolmente la testa e chiese: “Ma conoscete anche le leggi del gioco della dama?”. E siccome essi non aprivano bocca per la vergogna, si rispose da sé: “Vi dirò io le leggi del gioco della dama. Primo: non è permesso fare due passi alla volta. Secondo: è permesso solo andare avanti e non tornare indietro. Terzo: quando si è arrivati in alto, si può andare dove si vuole”. Ma significherebbe fraintendere completamente il significato di “unificazione dell’anima” il tradurre il termine “anima” diversamente da “l’uomo intero”, corpo e spirito fusi insieme. L’anima è realmente unificata solo a condizione che tutte le forze, tutte le membra del corpo lo siano anch’esse. Il versetto della Scrittura: “Tutto ciò che la tua mano trova da fare, fallo con tutte forze” il Baal-Shem lo interpretava “quello che si fa, va fatto con tutte le membra” . Ciò vuol dire che bisogna coinvolgere anche tutto l’essere corporale dell’uomo, che nulla di lui deve restare fuori. Quando l’uomo diventa una simile unità di corpo e di spirito insieme, allora la sua opera è opera d’un sol getto”. (op. cit., 39-40)

Spesso le difficoltà ci scoraggiano e le salite ripide ci fanno paura. Ma c’è un detto molto bello qui a Polignano, che recita grosso modo così: “Se le mani si spaventassero come gli occhi, non faremmo mai nulla” e cioè tutto ciò che di primo acchito ti fa paura, tu comincialo e vedrai che ce la farai. Magari potremmo in questo caso sostituire le mani con i piedi: “Se lo sguardo al cammino ti fa paura, tu non rimanere fermo, vai avanti!”

E in questa maniera i piedi non si fermano solo in quanto hanno una meta da raggiungere, un traguardo. Senza una meta, senza uno scopo, senza un sogno non c’è cammino. Noi sappiamo che, per quanto siamo soddisfatti, c’è sempre qualcosa che ci manca: questa carenza muove i nostri passi; questa mancanza è il carburante del nostro passo e ci spinge alla ricerca ulteriore di senso e di stabilità. Camminare quindi non significa allontanarsi da se stessi, evadere dalla propria storia alla disperata ricerca di un altrove sempre migliore e più entusiasmante, ma andare alla ricerca del senso della mia felicità laddove mi trovo, dentro di me, nella mia geografia, nella mia scelta, nella mia vita, nella mia decisione.

“C’è una cosa che si può trovare in un unico luogo al mondo, è un grande tesoro, lo si può chiamare il compimento dell’esistenza. E il luogo in cui si trova questo tesoro è il luogo in cui ci si trova. La maggior parte di noi giunge solo in rari momenti alla piena coscienza del fatto che non abbiamo assaporato il compimento dell’esistenza, che la nostra vita non è partecipe dell’esistenza autentica, compiuta, che è vissuta per così dire ai margini dell’esistenza autentica. Eppure non cessiamo mai di avvertire la mancanza, ci sforziamo sempre, in un modo o nell’altro, di trovare da qualche parte quello che ci manca. Da qualche parte, in una zona qualsiasi del mondo o dello spirito, ovunque tranne che là dove siamo, là dove siamo stati posti: ma è proprio là, e da nessun’altra parte, che si trova il tesoro. Nell’ambiente che avverto come il” mio” ambiente naturale, nella situazione che mi è toccata in sorte, in quello che mi capita giorno dopo giorno, in quello che la vita quotidiana mi richiede: proprio in questo risiede il mio compito essenziale, lì si trova il compimento dell’esistenza messo alla mia portata”. (op. cit. 59-60)

Camminiamo, allora, in questa nostra famiglia, in questo nostro lavoro, in questo nostro studio, in questo nostro tempo, in questa nostra Parrocchia: qui è nascosto il tesoro. Se la paura della fatica ci assale, il desiderio ci spinge ad andare oltre.

  1. I nostri compagni di viaggio

Ho pensato a due compagni di viaggio che possano fare strada ai nostri passi durante questi anni.

5.1) Il vangelo dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)

13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

5.2) E una famosissima canzone, dal cui titolo trae spunto lo slogan di questo progetto pastorale triennale: Strada Facendo (Claudio Baglioni, 1981)

Io ed i miei occhi scuri siamo diventati grandi insieme

con l’anima smaniosa a chiedere di un posto che non c’è

tra mille mattini freschi di biciclette

mille più tramonti dietro i fili del tram

ed una fame di sorrisi e braccia intorno a me

io e i miei cassetti di ricordi e di indirizzi che ho perduto

ho visto visi e voci di chi ho amato prima o poi andar via

e ho respirato un mare sconosciuto nelle ore larghe e vuote

di un’estate di città

accanto alla mia ombra nuda di malinconia

io e le mie tante sere chiuse come chiudere un ombrello

col viso sopra al petto a leggermi i dolori ed i miei guai

ho camminato quelle vie che curvano seguendo il

vento e dentro a un senso di inutilità…

e fragile e violento mi son detto tu vedrai vedrai vedrai

strada facendo vedrai

che non sei più da solo

strada facendo troverai

un gancio in mezzo al cielo

e sentirai la strada

far battere il tuo cuore

vedrai più amore, vedrai

io troppo piccolo tra tutta questa gente che c’è al mondo

io che ho sognato sopra un treno che non è partito mai

e ho corso in mezzo ai prati bianchi di luna

per strappare ancora un giorno alla mia ingenuità

e giovane e violento mi son detto tu vedrai vedrai vedrai

strada facendo vedrai

che non sei più da solo

strada facendo troverai

anche tu un gancio in mezzo al cielo

e sentirai la strada

far battere il tuo cuore

vedrai più amore vedrai

e una canzone neanche questa potrà mai cambiar la vita

ma che cos’è che ci fa andare avanti e dire che non è finita

cos’è che ci spezza il cuore tra canzoni e amore

che ci fa cantare e amare sempre più

perché domani sia migliore, perché domani tu

strada facendo vedrai

La Comunità parrocchiale di Santa Maria Assunta in Polignano non può non mettersi in cammino verso il Regno INSIEME a Gesù.

Malgrado l’arresto della croce, della sofferenza, della malattia, della delusione

la Comunità NON PUO’ FERMARSI

  • alla celebrazione delle Messe
  • alla celebrazione di 60 matrimoni all’anno
  • alla celebrazione di 100 battesimi all’anno
  • alla catechesi ordinaria
  • all’organizzazione di grandi eventi
  • all’organizzazione di interessanti campi scuola
  • alla cura dei vicini
  • ad un portone aperto che lascia passare turisti incuriositi

Così la Comunità sembra che si muova, ma in realtà è ferma! Proprio come l’illusione ottica che ci fa percepire un nostro movimento quando, seduti in un treno fermo, parte quello che abbiamo a fianco.

La Comunità non si muove, ma peggio ancora è il mondo che si muove e si sviluppa paurosamente attorno a noi!

Noi restiamo arenati a concetti pastorali antiquati e atavici mentre il mondo intorno a noi sviluppa una cornucopia di innovazioni.

E CI LAMENTIAMO perché le cose dalla nostra prospettiva non cambiano mai:

  • la gente si allontana
  • i giovani si disperdono
  • mancano le vocazioni
  • la partecipazione a Messa è sempre più scarsa
  • le coppie le perdiamo dopo un meraviglioso corso pre- matrimoniale
  • i collaboratori scarseggiano
  • la Cresima segna il limite massimo di resistibilità di un adolescente
  • si prega poco

Ma riprendendo la famosa frase che molti ritengono pronunciata da Galileo Galilei al tribunale dell’Inquisizione al termine dell’abiura dell’eliocentrismo

“EPPUR SI MUOVE”

Nonostante tutto la Comunità a passi piccoli si muove, comunque sia cammina…

E allora chiediamoci: cosa possiamo fare in questi prossimi e ultimi tre anni del mio mandato pastorale per alzare il passo? Per costruire la Comunità?

 

6) La suddivisione triennale

Ho pensato di suddividere questo filo conduttore che è il cammino in tre parti, assegnando a ciascuna un’attenzione, alcuni versetti del Vangelo dei discepoli di Emmaus, un pezzo della canzone e un colore.

 

 

I ANNO: 2014-2015

ATTENZIONE: LA PAROLA

VANGELO: “E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24,27)

CANZONE: “ma che cos’è che ci fa andare avanti e dire che non è finita. Cos’è che ci spezza il cuore tra canzoni e amore che ci fa cantare e amare sempre più”

ITINERARIO: ANDARE

COLORE: BLU

 

II ANNO: 2015-2016

ATTENZIONE: L’EUCARISTIA

VANGELO: “Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro” (LC 24,30)

CANZONE:strada facendo troverai un gancio in mezzo al cielo e sentirai la strada far battere il tuo cuore”

ITINERARIO: RIMANERE

COLORE: MARRONE

 

III ANNO: 2016-2017

ATTENZIONE: LA MISSIONE

VANGELO: “Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme” (LC 24,33)

CANZONE: “perché domani sia migliore, perché domani tu”

ITINERARIO: RITORNARE

COLORE: VERDE

7) Concludendo

Questo è il cammino che ci attende. Viviamolo con la gioia nel cuore, consapevoli che, ad ogni passo che mettiamo, un tratto di strada scompare dietro di noi. Andiamo avanti senza lamentele, senza sterili provocazioni, senza amari rimpianti, senza continui ed infantili piagnistei. Se possiamo, con l’aiuto del Signore, risolviamo i problemi possibili e se non ce la facciamo, vuol dire che Lui ha pensato questo sentiero per noi. La strada non va mai evitata, va vissuta col sangue agli occhi dell’esploratore e con il cuore semplice del bambino. Se è quella la direzione , c’è poco da fare.

Christian Bobin, uno scrittore francese degli anni Cinquanta non prettamente religioso e forse poco conosciuto, ha scritto un libro-sintesi della storia di Gesù intitolato “L’uomo che cammina”. Eccone l’esordio : “Cammina. Senza sosta cammina. Va qui e poi là. Trascorre la propria vita su circa sessanta chilometri di lunghezza, trenta di larghezza. E cammina senza sosta. Si direbbe che il riposo gli è vietato. Conserva una falcata di vantaggio e la sua parola è come lui, incessantemente in movimento di dare tutto di se stessa. […] L’uomo che cammina è quel folle che pensa che si possa assaporare una vita così abbondante da inghiottire perfino la morte”.

Coraggio! Continuiamo a camminare insieme, senza mai lamentarci del cammino, che tanto non cambia se noi ci lamentiamo, e strada facendo costruiamo la Comunità, passo dopo passo, piano piano, portando dentro le orecchie gli auricolari della Parola di Dio.

Vi lascio con la preghiera di commiato tra i pellegrini:

Che la terra diventi il cammino davanti ai tuoi passi.

Che il vento ti soffi sempre alle spalle.

Che il sole brilli caldo sul tuo viso.

Che la pioggia cada lieve sopra i tuoi campi.

E fino a quando non ci reincontreremo

che Dio ti custodisca nel palmo della Sua mano.

Polignano a Mare, 31 ottobre 2014

Settimo anno dall’inizio del ministero nella Parrocchia

 

                                                                               don Gaetano

Condividi sui social !!

    Comments are Disabled

    Twitter