Tocca a te
XV domenica del tempo Ordinario B
Vangelo Mc 6, 7-13
“Gesù chiamò a se e prese a mandarli a due a due”
Marzo utilizza un verbo molto bello: “proskaleo”, che non significa semplicemente “chiamare”, ma “chiamare vicino”, “chiamare presso”, tipo per dire ”ti ho chiamato per chiederti se vuoi stare un po’ con me”.
Allora il primo movimento missionario non è tanto l’andare, quanto lo stare che altro non è che la dimensione centripeta della missione. Se non trascorriamo tempo “a stare” come dicono i giovani con Gesù, potremo fare poco. Magari saremo bravi rappresentatati di una ditta ecclesiastica, commerciali di una grossa azienda cattolica, ma non saremo mai evangelizzatori. Noi non vendiamo un prodotto, ma testimoniamo quello che Cristo ha prodotto nella nostra vita.
Il nostro non è un piano marketing che prevede un incremento del flusso in uscita delle vendite, ma una condivisione che comporta maggiori entrate nella amicizia con il Signore della vita.
Di fatti li manda “a due a due”, perché il 2 è la quantità minima per formare la Chiesa e nella Chiesa non conta chi fa il “gioco a solo”, il carisma del single, il giocatore unico, ma conta il fiato, la squadra, lo spogliatoio. Non perché due è meglio di uno. Nella vita non è sempre necessario avere il doppio, ma avere uno accanto a te. L’Evangelo è “pluralia tantum”, al singolare non esiste.
Stare con Gesù significa rimanere in contatto con Lui, essere toccati dalla sua presenza, essere contagiati dal suo amore, essere impressionati dalla sua luce, essere pestati dalla sua misericordia, pressati dalla forza della sua vita.
La preghiera, anche nella nostra stanza, in ufficio, per strada è tempo che sottraiamo alla storia per lasciarci toccare dal Signore. Quel momento che ti viene di lasciare tutto e scappare in chiesa per fermarti davanti al tabernacolo. E aspettare, tutto qui. Lì Dio ti tocca. Quando decidi di confessarti, Dio ti tocca da dentro. Quando ricevi l’Eucaristia, ti impregni di Lui. Quando tendi la mano al povero, Dio in persona, ti prende quella mano.
Solo dopo essere stati con Lui, possiamo partire, anzi a partire da Lui.
Senza dimenticare che “se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro”
Nell’Antico Testamento la terra partecipa del carattere dei suoi abitanti. Come a dire se gli abitanti sono buoni anche la terra è buona. Se gli abitanti sono cattivi, i loro piedi contaminano di cattiveria il suolo che calpestano. Se sono pagani, anche la terra diventa pagana.
Per cui i missionari sono chiamati ad andare in terre lontane anche qualora venissero a mancare i due presupposti dell’amore che sono l’accoglienza del diverso e l’ascolto.
Bello questo. Accogliere non significa solo aprire le porte, ma anche e soprattutto ascoltare. Il NON-ascolto è l’antitesi dell’amore e corrisponde ad una porta sbattuta in faccia. Quando eviti l’ascolto di qualcuno tu lo stai non-amando, lo stai scaraventando fuori dalla tua vita.
Ma il missionario non è uno che se la prende, che si irrita se qualcuno rifiuta il Vangelo, che si inalbera se qualcuno respinge la proposta del Regno, che inorridisce dinanzi all’opposizione atea del mondo. Non è uno che va lanciando sandali in faccia al nemico!
Non CONTRO di loro, ma come testimonianza PER loro.
Il cristiano non è un superuomo ma è un uomo per, che fa tutto a vantaggio dell’altro, chiunque esso sia, forsanche il più lontano da Dio.
Coraggio.
Cammina per rimanere attaccato a Gesù,
fermati “a stare” con Lui
e se ti lasci calpestare dalla sua grazia,
anche il tuo cuore diventerà Terra Santa.
Fatti attraversare da tutti, ma tutti tutti,
anche da coloro che non credono in Dio,
perché tu sei stato toccato dall’amore di Gesù,
ed ora tocca a te!
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