U MEGDSCIGN
Festa di San Vito – La salita del Santo
14 giugno 2022 – Ore 23.OO
Se vi dovessi chiedere qual è una delle malattie più spietate che assediano il mondo intero oggi, cosa mi rispondereste?
Ce n’è una molto pericolosa e insidiosa perché viene molto sottovalutata e soprattutto spesso non creduta: U MEGDSCIGN!
Chiedete ai vostri nonni e vi sapranno spiegare bene di cosa si tratti.
Letteralmente “il mal del cigno” ovvero la malattia di chi è costretto a tenere il collo all’ingiù, la testa bassa, gli occhi incollati al terreno, lo sguardo fissato sui propri piedi.
Molti la chiamano malinconia, altri malumore, altri depressione, altri ancora esaurimento, ma in realtà potremmo riassumere questo terribile morbo con una parola semplice: MALESSERE, letteralmente il male dell’essere. La malattia di chi non riesce ad accogliere il proprio essere, di chi si sente incapace di sopportare il peso della vita, di chi si sente soffocato dalla vacuità dell’esistenza.
Insomma una bruttissima malattia che ti toglie il respiro e ti porta allo sfrenato desiderio di evadere dall’essere, di farla finita.
Effettivamente questi ultimi anni tra covid, malattie, guerre, carestie, avversità non sono stati facili: la solitudine, l’abbandono, il profondo senso che qualcosa ci è stato tolto, che ci mancano pezzi importanti ci hanno spinto ad abbassare la testa sul mondo.
Eppure se ci fate caso il principio primo della educazione non è l’abbondanza, la ricchezza, ma al contrario la mancanza.
Molti bambini oggi sono perennemente tristi e insoddisfatti (u megdscign pediatrico) nonostante il fatto che i genitori siano sempre pronti a soddisfare i loro bisogni materiali (scarpe firmate, magliette firmate, zaini firmati, costumi firmati, mutande firmate e il bello è che i bambini non sanno firmare!)
“Educare vuol dire togliere”
Come afferma il famoso psichiatra Crepet: quando un genitore dice: “io non ho mai fatto mancare niente a mio figlio” dimostra di attuare la prassi più stupida e antieducativa possibile!!!
Perché il compito di un genitore è di far mancare qualcosa: se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo nel cervello? Non ti serve niente?
Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno vestito, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne!
Ma una cosa di buon senso, il coraggio di dire di no?
Siamo troppo deboli: educare viene dalla parola latina e-ducere che significa estrarre, condurre fuori, non imbottire, introdurre! Esattamente il movimento inverso: noi iniettiamo insicurezze col “biberon affettivo”, assecondiamo i bisogni, ma non siamo ancora capaci di selezionare le necessità e ordinare le priorità.
Di fatti quando un bambino non ottiene quello che pretende comincia a stare male, a gridare, a batteri i pugni, a gonfiare le carotidi, a torcere il collo: i primi sintomi del megdscign.
E come se non bastasse, non sapete quanti genitori mi chiedono: “don Gaetano una raccomandazione per mio figlio. M RACCOMAND!”, come se io potessi chissà che!
Poi quando rispondo loro: “L’unica raccomandazione che posso fare è pregare per lui”, indispettiti mi dicono:
“Seeee e ci nam a fe di preghir!!!”
Perché devi raccomandare un figlio? Perché non ce la fa? Che messaggio diamo? Siccome tu non ce la fai, ci pensa papà.
Tante volte ho sentito dire da un genitore: io devo sistemare mio figlio. “Sistemare”. Come un vaso, un bicchiere. Dove lo sistemi? Dentro la vetrinetta, sopra l’armadio? Hai messo al mondo un oggetto? o hai messo al mondo un’anima? Se hai messo al mondo un’anima non la devi sistemare, l’anima va dove sa andare. Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi, dobbiamo dare noi la direzione perché loro sono più piccoli.
Il famoso psichiatra afferma che: in uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno.
Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che devi restare a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare.
C’è un antidoto a questa brutta malattia, un vero e proprio booster: U BBEINDUCÌG!
È il farmaco che raddrizza il collo della vita e chi fa guardare oltre il terreno dove ci siamo schiantati per tenere lo sguardo fisso verso l’oltre. Il fallimento, la malattia, la debolezza non è tutto, c’è di più e questo di più è nel desiderio di decollare ancora di ripartire!
Sorridiamo sempre e soprattutto incoraggiamoci a vicenda a continuare a vivere. È ora di cancellare dal vocabolario dell’esistenza “non ce la posso fare!!” e di cominciare a gridare al mondo la bellezza della nostra esistenza: “Che meraviglia questa vita che ho ricevuto… Ce la posso fare! Che bella la mia storia, così com’è, ci credo! E non la cambierei per nulla al mondo”.
Penso che la nostra società iperprotettiva o affettiva oltremodo, sia caduta in una vera e propria forma di carestia: io scherzosamente dico che CARE-stia, significa mancanza del “prendersi cura”, non “avere cura”. Concedere ciò che un bimbo desidera a tutti i costi non coincide con il lucido discernimento di ciò di cui ha realmente bisogno per guarire o perlomeno rimanere sano.
Se una persona ammalata cui è prescritta una rigorosa dieta liquida mi supplica di poter avere un pezzo di focaccia, io non posso esaudire la sua preghiera, perché ciò che lui chiede non gli fa bene!
Quando certe richieste insistenti incontrano la nostra debolezza, spesso si innesca un meccanismo pericolosissimo (a me una volta è accaduto… e menomale come è andata!! Maria ne sa qualcosa!!).
Se ci fate caso, l’espressione spesso da noi usata “tenere contento” alla lettera significa: mantenere legati a sè una persona facendo di tutto per farla felice.
Io questa dinamica la chiamo l’economia del “beat coin”, l’economia che si basa sull’acquisto di legami stabili con la moneta dei battiti emotivi, delle pulsioni: più ti faccio battere il cuore, più ti posseggo.
Ma la vera economia sta nella capacità di svendere le curve negative del fallimento senza darne troppo conto e di svalutare le impennate dei mercati dei successi a basso costo.
U megdscign teme le persone stabili, quelle felici comunque e sempre.
Non dobbiamo lasciarci prendere dalla paura e dal timore nemmeno quando si avvicinerà la fine di questa meravigliosa avventura che è la nostra vita. Come già ci insegnava Platone nel Fedone (84) “i cigni, pur avendo sempre cantato, quando sentono vicina la morte, levano più alto e più bello il loro canto, lieti perché sanno di recarsi presso il Dio di cui sono i ministri”.
La vita è un canto dall’inizio alla fine, anzi è un incanto che cresce ogni giorno di più. Col passare degli anni le ricchezze finiscono, le energie fisiche si esauriscono, il vigore regredisce, la salute pure, ma la vita, la vita vera in tutta la sua meraviglia canta ancora di più: canta che ti passa.
E quando ti senti un po’ col collo giù, non ti abbattere e prenditi una pastiglia di BBENDUCÌG: alza la testa verso il Cielo e questa verso San Vito che anche stasera, qui per tutti noi sale e salendo ci costringe ad alzare il collo sempre più in alto!
Alza la testa e comincia la Festa!
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